I farmaci antipiretici e antinfiammatori sono tra i più usati al mondo.
Secondo lo studio di un gruppo di ricercatori canadesi, facendo scendere la febbre con un farmaco si riduce l’azione difensiva messa in atto dall’organismo, favorendo così la possibile diffusione del virus e la trasmissione agli altri esseri viventi.
Sulla base di queste considerazioni, un gruppo di ricercatori canadesi formato da statistici, infettivologi e neurologi, ha condotto uno studio, e ne ha pubblicato i risultati su Proceedings Biological Sciences, per stabilire quanti eventi mortali possano dipendere dall’uso di antipiretici.
Secondo le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori canadesi, durante un’epidemia stagionale, il 5% dell’intera mortalità influenzale è dovuta alla riduzione della febbre ottenuta per via farmacologica.
La notizia, visto l’interesse sociale che riveste, è stata ripresa anche da siti e riviste di diffusione internazionale (Science).
L'omeopata lo sa che la soppressione di un sintomo come la febbre, così come si opera nella medicina convenzionale, può risultare controproducente. L’organismo, infatti, deve difendersi dall’aggressione dell’agente infettante ed ha difficoltà a reagire a causa dell’assunzione dei farmaci antipiretici (senza poi considerare eventuali effetti collaterali dovuti al farmaco).
L’approccio omeopatico alla cura di un quadro acuto febbrile, invece, rispetta e migliora la reazione difensiva dell’organismo accelerando quindi il decorso del quadro patologico acuto. Belladonna o Aconitum, sono i più comuni rimedi di cui l’omeopata si avvale in caso di fatti patologici acuti febbrili. Si tratta, infatti, di rimedi che somministrati ad un paziente sano inducono febbre e di conseguenza quando usati come farmaci la abbassano.