Intervista a Marino Tomà, fondatore e Presidente di Omeocom, Comitato per difendere l'omeopatia.
Marino Tomà è un cittadino che si cura abitualmente con i farmaci omeopatici e ha fondato un Comitato per difendere l’omeopatia, www.omeocom.it. Senza nessuna pubblicità, in poco più di tre mesi ha raccolto più di 60 mila firme direttamente e quasi altre 10 mila attraverso collaborazioni, come per esempio con la rivista Terra Nuova.
In questi giorni ha lanciato un allarme: “Se il Governo e il Parlamento non decidono, i farmaci omeopatici spariranno dal mercato italiano e gli 11 milioni di cittadini che si curano abitualmente o occasionalmente non li troveranno più”
Perché in questi giorni si parla di emergenza in omeopatia?
Se il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin non emana al più presto il decreto ministeriale con le nuove tariffe, che sono state stabilite durante un incontro con aziende, ministero e Aifa, riducendo a un terzo quelle attualmente in vigore e se il Parlamento non approva la proroga al 31 dicembre 2018 per rinnovare i medicinali omeopatici, questi farmaci spariranno dal mercato italiano.
Qual è il problema delle tariffe?
Il precedente Governo aveva emanato un decreto ministeriale che prevedeva tariffe altissime, insostenibili per le aziende omeopatiche, con un fatturato annuo di circa 170 milioni di euro. Sul mercato ci sono 25mila farmaci. Le aziende dovendo pagare una tariffa di poco più di 3mila euro, dovrebbero sborsare 75 milioni, una supertassa insostenibile per piccole e medie aziende, quale quelle del settore farmaceutico omeopatico.
L’Italia è il terzo mercato europeo, dopo Francia e Germania dove il fatturato è rispettivamente di 640milioni e 600 milioni di euro. Nel nostro Paese, nonostante la grave crisi economica, l’uso di rimedi omeopatici è cresciuto negli ultimi 5 anni del 4% e questo settore che occupa oltre 2mila dipendenti, determina 30milioni di euro di gettito nelle casse dello Stato, così pure 45 milioni per IVA, IRES ed IRAP. Ma la politica è assente, non vuole decidere.
Il ministro deve, invece, emanare al più presto il decreto ministeriale con le tariffe nuove, 800 euro per gli unitari e 1.200 per i complessi; cifre concordate in un incontro al ministero della Salute il 9 ottobre dello scorso anno. Accordo che finora non è stato rispettato. Peccato che la legge preveda di rinnovare questi farmaci entro il 31 dicembre 2015.
Voi chiedete oltre alla riduzione delle tariffe, anche una proroga?
Certo che occorre anche una proroga. Secondo Lei si riesce in un anno e mezzo a fare quello che negli altri Paesi Europei hanno fatto in più di 10 anni. Si sta chiedendo alle aziende l’impossibile e questo per noi cittadini – pazienti è la chiara dimostrazione di una volontà perversa di cancellare la farmacopea omeopatica. Ma non solo. Questi farmaci che noi utilizziamo da più di vent’anni, perché sono sul mercato almeno dal 1995, se avessero provocato effetti dannosi, sarebbero emersi, anche grazie a voi giornalisti. Siamo la dimostrazione vivente della qualità, sicurezza degli stessi. Sono molto perplesso su come stanno andando le cose. Noto una convergenza di effetti negativi, che riconduco in primis ad AIFA, ma non solo, perché secondo me sono in molti a voler impedire che l’omeopatia esca indenne da questo passaggio legislativo. E vorrei proprio comprenderne le ragioni.
Lei parla di tariffe e di proroga, è una situazione alquanto ingarbugliata?
E’ un vero caos. Ma siamo all’ultimo miglio, perché martedì 28 al Senato si votano gli emendamenti sulla proroga al 31 dicembre 2018. Emendamenti presentati da tutte le forze politiche: Pd, Ncd, Fi, 5 Stelle. Non si chiede l’impossibile, ma il giusto e allo stesso tempo chiediamo al ministro questa settimana di emanare il decreto, così finalmente abbiamo qualche certezza per poter non solo credere nell’omeopatia, ma farla crescere. Siamo fiduciosi che un ministro donna salverà l’omeopatia, medicina usata proprio in prevalenza dalle donne.
Fonte: La Stampa